Trasposizione delle grandi arterie: la storia di Sara
A pochi minuti dal taglio del cordone ombelicale ci si accorge che qualcosa non va: la piccola Sara è completamente blu. Non c’è tempo da perdere: viene trasferita con un’ambulanza a Niguarda. La piccola combatte tra la vita e la morte in Terapia Intensiva Neonatale, per colpa della grave cardiopatia. Sono giorni d’angoscia per i genitori e non ci sono certezze sul futuro della piccola. Poi finalmente il delicato intervento che le rimette in sesto il cuore e la fa nascere per una seconda volta. Ci ha raccontato la sua storia mamma Nadia.
Dopo la nascita della bambina la cardiopatia è arrivata come un fulmine a ciel sereno…
Sì, durante la gravidanza avevo fatto tutti gli esami ma da questi accertamenti non risultava nulla che potesse far sospettare la malattia di mia figlia. Sara è nata con un parto cesareo programmato a termine di gravidanza, ma mentre la stavano lavando il mio compagno si è accorto che il suo colore non era normale: era completamente blu. La situazione era grave, non si capiva cosa fosse e così Sara è stata trasportata con l’ambulanza a Niguarda. La cosa è stata talmente repentina che io non ho potuto neanche vederla dopo il parto.
C’era da intervenire subito, che cosa è stato fatto?
Già sull’ambulanza le hanno somministrato dei farmaci che poi ci è stato spiegato essere delle terapie d’emergenza per favorire l’ossigenazione del sangue. Appena giunta in ospedale è stato necessario sottoporla ad una procedura specifica: le è stato inserito un piccolo catetere nella vena femorale. Con questo dispositivo si è risaliti fino al cuore per praticare una piccola apertura che le ha consentito di sopravvivere a quella che poi ci è stata confermata essere la trasposizione delle grandi arterie.
Tutto nel giro di pochissimo tempo?
Sì, nel giro di 4 ore dalla nascita. Faccia conto che io l’ho vista solo per qualche secondo prima che fosse caricata sull’ambulanza e poi l’ho ritrovata intubata nell’incubatrice della Terapia Intensiva Neonatale a lottare per rimanere aggrappata alla vita. Non è stato facile, sono stati giorni carichi di angoscia.
Cosa vi è stato detto?
C’era bisogno di tenere la situazione sotto stretto controllo, non si poteva escludere il peggio. C’era da aspettare che le condizioni si stabilizzassero e che il peso della bambina aumentasse per poter operare il suo cuore.
Si trattava di un intervento delicato…
Molto. I medici ci dissero che la procedura si praticava da molti anni, ma ogni bambino è un caso a sé: purtroppo non si potevano escludere imprevisti che potevano mettere a rischio la vita di mia figlia. E’ stata davvero dura. Due genitori non riescono a realizzare che a pochi giorni dalla nascita della loro bimba c’è la possibilità che la si possa perdere. Sono situazioni che non si conoscono, a cui non si pensa e che ti travolgono inaspettatamente. Per fortuna Sara ha lottato e dopo 11 giorni in terapia intensiva è arrivato il giorno dell’intervento.
Cosa ricorda?
Sono state 9 ore interminabili. Ricordo io e il mio compagno in una stanza sospesi nel tempo ad aspettare che si aprisse la porta della sala operatoria. Quando finalmente si è aperta ricordo il sorriso dei medici e degli infermieri. Era andato tutto bene e bisognava solo monitorare il post-operatorio per altre 48 ore in terapia intensiva.
E’ stata una rinascita?
Sì, per noi è come se fosse nata per la seconda volta, infatti ogni anno festeggiamo due compleanni: il giorno in cui è nata e quello dell’operazione. Devo dire grazie a tutti gli specialisti di Niguarda, medici e infermieri. Sono stati tutti magnifici. Oggi Sara sta bene, è una bella bambina di 4 anni e vedendola crescere ricordo quei giorni bui in Terapia Intensiva Neonatale. So che ogni giorno in quel reparto ci sono tanti genitori che si ritrovano faccia a faccia con la disperazione. Vorrei che la nostra storia potesse infondere speranza anche a loro.