A Niguarda il primo trapianto di fegato in Italia da un donatore a cuore fermo
Ha 40 anni e da pochi giorni ha un fegato nuovo, trapiantato secondo una procedura mai utilizzata prima in Italia per questo tipo di organo.
Si tratta del trapianto da donatore in stato di arresto cardiaco, una possibilità sempre più concreta su cui puntare per aumentare il numero delle donazioni e abbattere i tempi d’attesa (in Italia per un fegato si aspetta mediamente 2 anni).
A testimoniarlo è il caso eccezionale avvenuto lo scorso 3 settembre che ha coinvolto l’Ospedale Niguarda, il Policlinico S. Matteo di Pavia e il Centro Nazionale Trapianti. Si tratta di una “prima” che ha permesso l’utilizzo dell’organo anche dopo il prolungato periodo di assenza di attività cardiaca (20 minuti secondo la legge italiana), un intervallo che avrebbe potuto esporre gli organi a danni irreversibili e compromettere il buon esito del trapianto.
La procedura utilizzata è definita tecnicamente “trapianto da donatore a cuore non battente” e si differenzia dal protocollo tradizionale per il prelievo degli organi che normalmente avviene da un donatore in stato di morte cerebrale. In questo caso, invece, il decesso è stato dichiarato in seguito alla cessazione dell’attività cardiaca e il prelievo è stato effettuato rispettando quello che gli addetti ai lavori chiamano “no touch period”, ossia un periodo di osservazione che in Italia è di 20 minuti (nel resto d’Europa è di 5 minuti) e che conclude il processo dell’accertamento di morte.
Si tratta quindi di un caso di rilievo scientifico internazionale.
Il prelievo degli organi è stato possibile grazie a delle particolari tecniche di circolazione extracorporea (ECMO- ExtraCorporeal Membrane Oxygenation) che hanno consentito la perfusione e l'ossigenazione post-mortem e in situ degli organi addominali per 4 ore, attivata dopo i 20 minuti di arresto cardiaco. Queste misure sono state adottate per mantenere la normale temperatura corporea e per ritardare il danno da ischemia (mancata ossigenazione), principale minaccia che rischia di compromettere l’utilizzo degli organi per il trapianto.
La perfusione e il prelievo degli organi sono avvenuti presso l'ospedale San Matteo di Pavia attraverso l’intervento della dottoressa Marinella Zanierato dell’equipe di Rianimazione 1 diretta dal professore Antonio Braschi. “E’ la prima volta che preleviamo un fegato a cuore non battente – spiega la dottoressa Zanierato – ma sicuramente ci è servita l’esperienza maturata in sette anni nel prelievo di reni con la stessa tecnica.”
Il fegato prelevato è stato, quindi, trasportato a Niguarda dove è stato trapiantato dall’équipe della Chirurgia Generale e dei Trapianti, diretta da Luciano De Carlis.
Il dottor De Carlis e il dottor Andrea De Gasperi (direttore dell’Anestesia) sottolineano che “Il fegato ha dimostrato un'ottima ripresa funzionale ed il paziente ricevente, sottoposto al trapianto per una grave malattia epatica terminale, è attualmente in buone condizioni generali”.
Dallo stesso donatore, oltre al fegato sono stati prelevati i 2 reni, trapiantati con successo rispettivamente a Pavia dal dottor Massimo Abelli e dalla dottoressa Elena Ticozzelli all'ospedale San Raffaele di Milano.
“Va sottolineato il perfetto coordinamento tra le equipe –spiega Giuseppe Genduso – Direttore Sanitario del Niguarda – la grande preparazione dell’equipe del S. Matteo e la disponibilità a trapiantare l’organo dell’equipe di Luciano De Carlis. Un complimento e un grazie a chirurghi, anestesisti, e infermieri della sala operatoria e delle unità di cura dedicate al trapianto di fegato del nostro Ospedale.”.
E conclude il direttore generale del San Matteo: Angelo Cordone: “Abbiamo potuto fare tutto ciò grazie all'utilizzo di tecniche d'avanguardia del San Matteo e grazie al gioco di squadra che vince sempre insieme all'esperienza e al numero di casi trattati. Inoltre, lavorare insieme a più strutture ospedaliere amplia la possibilità di avanzare sistematicamente salvando più persone”.
Vedi anche:
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