Tempo di protrombina e INR per testare la coagulazione

Questi esami vengono in genere richiesti prima di un intervento chirurgico o in caso di alcune malattie del sangue (come l’emofilia), oltre che nel monitoraggio della terapia anticoagulante orale. Ci riferiamo al tempo di protrombina (PT) e l'INR. Cosa sono? Ce lo spiegano gli specialisti del Laboratorio di Analisi chimico cliniche e microbiologia.


La coagulazione

Questo processo si innesca nel momento in cui c’è una rottura di uno o più vasi sanguigni e, attraverso un meccanismo complesso, a più step, blocca l’emorragia. La protrombina è una proteina chiave perché avvenga la riparazione.


Tempo di protrombina 

Il risultato di questo test viene in genere presentato in secondi ed è pari al tempo necessario al sangue per coagulare. Questo modo di determinare il PT fornisce risultati che però variano a seconda del laboratorio e del metodo utilizzato. Nel soggetto normale il tempo di protrombina è di 12-15 secondi (a seconda delle tecniche di laboratorio usate). Un valore superiore all’intervallo di riferimento significa che il sangue ci mette troppo tempo a coagulare (rischio emorragie). 


INR

Un altro modo per esprime il tempo di protrombina è il test INR, che è adottato, soprattutto per le persone in terapia con farmaci che fluidificano il sangue (come il warfarin). Si tratta di una formula che rende i risultati indipendenti dal laboratorio, dove sono stati condotti, e quindi confrontabili a prescindere. Un INR fra 2.0 e 4.0 è generalmente l’obiettivo che ci si pone per il trattamento anticoagulante. Questo valore di solito conferma l'efficacia della terapia. Se, infatti, l'INR è superiore a questo intervallo siamo di fronte ad un sovradosaggio, mentre un valore più basso è indicativo di un trattamento non ancora adeguato. 

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