A Niguarda attivo un percorso per valutare le possibili complicanze dell’infezione da COVID nei pazienti dimessi

A chi ha superato la fase acuta della polmonite da COVID ed è stato dimesso, Niguarda offre un percorso di follow up integrato con l'intento di prevenire e limitare problematiche polmonari, neurologiche, cardiologiche, motorie o psicologiche che possano verificarsi in seguito al ricovero ospedaliero. Il programma è attivo per 650 pazienti.

Rischio di fibrosi polmonare e di sindrome da stress post traumatico, ma anche di ictus, embolia polmonare, infarto, encefaliti e vasculiti: il COVID minaccia di lasciare strascichi nei malati più gravi che hanno superato la fase acuta della malattia.

È un infezione nuova sulla quale non abbiamo grosse informazioni – spiega Paolo Tarsia, Direttore della Pneumologia di Niguarda - Abbiamo però dei precedenti: il virus della SARS e quello della MERS erano entrambi Coronavirus e sino a un terzo dei pazienti, guariti da questo tipo di polmoniti, ha avuto dei danni permanenti. È possibile quindi che anche nei malati che hanno avuto il COVID ci sia una quota simile al 30% di complicanze a distanza di tempo. Nei pazienti con decorso ospedaliero lungo abbiamo già osservato un certo numero di casi con evoluzioni patologiche polmonari (fibrosi), neurologiche o cardiologiche. Per questo abbiamo deciso di offrire ai pazienti dimessi che avevano sviluppato un quadro più grave della malattia la possibilità di accedere a un percorso di follow up integrato”.

Proprio per questi pazienti -ne sono stati selezionati circa 650-, è attivo da inizio giugno a Niguarda, presso Villa Marelli, un ambulatorio dedicato specificatamente a chi è ormai guarito clinicamente e virologicamente (con esito negativo di due tamponi) con lo scopo di prevenire e limitare i danni secondari all'infezione.

Il paziente, con priorità per coloro che sono stati ricoverati in Rianimazione, viene preso in carico da un team multi-specialistico, che comprende pneumologi, infettivologi e internisti ed effettua una serie di accertamenti diagnostici (elettrocardiogramma, spirometria, test del cammino) e un prelievo ematico per il dosaggio degli anticorpi, con valutazione di una eventuale possibilità di donazione di siero “iperimmune”.

Viene inoltre somministrato un questionario clinico, psicologico e riabilitativo da cui è possibile evincere eventuali problematiche emerse successivamente alla dimissione. 

In caso vengano riscontrate anomalie è previsto l’invio del paziente allo specialista clinico (per esempio neurologo o cardiologo), l’avvio di un percorso di riabilitazione fisioterapica (per il recupero motorio, necessario dopo l’allettamento, o respiratorio, a causa delle lesioni polmonari) oppure l’instradamento verso un percorso psicologico.

Non bisogna dimenticare – sottolinea infatti Tarsia – che si tratta di persone che hanno avuto uno «sconquasso» dal punto di vista psicologico: sono state ricoverate in ospedale in gravi condizioni, non hanno potuto vedere i parenti per un lungo periodo, sono state curate da medici e infermieri bardati dalla testa ai piedi senza poterli riconoscere e hanno quindi una potenzialità di sviluppare un disturbo da stress post traumatico”.

A seconda delle complicanze riscontrate, potrà essere prevista una successiva rivalutazione da parte degli specialisti dopo un periodo di 3, 6 o 12 mesi. 

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